Uscendo da Padova in direzione sud-ovest verso i Colli Euganei ,dopo poco più di dieci km, in località Teolo si incontra l’imponente mole dell’Abbazia di Praglia.
L’abbazia, ancora immersa nel verde delle svariate coltivazioni curate dai monaci benedettini ha ormai una storia lunga quasi un millennio. Pare infatti sia stata fondata intorno al 1080, in un momento storico in cui, cessate le incursioni degli Ungari e rafforzato il potere delle famiglie nobili circostanti, il territorio padovano cominciava finalmente a uscire dalla lunga crisi che lo aveva investito con la distruzione della città capoluogo ad opera dei Longobardi nel 601 d. C.
E’ intorno all’anno 1000 che i monaci benedettini si stanziano a Padova, dapprima nella grande area di Santa Giustina, che allora era al di fuori delle mura cittadine, poi nel territorio, dove stabiliscono numerose “corti”, ad esempio a Correzzola e Candiana e poi lungo il corso dell’Adige. Le corti sono delle enormi aziende agricole, destinate a bonificare un territorio che secoli di incuria avevano reso spesso incolto, un vero e proprio coacervo di paludi e boschi non coltivabili. Il ruolo dei monaci benedettini, caratterizzati dalla loro regola “ora et labora”, prega e fatica, diventano grandi organizzatori e trasformano lentamente queste zone improduttive in terreni arativi e frutteti e intorno ai loro monasteri si sviluppano e ingrandiscono sempre di più nuove comunità rurali che diventeranno i paesi che ancora abitiamo oggi.
Naturalmente questa grande attività di imprenditorialità agricola portava anche potere e grande liquidità nelle casse dei monaci, che poterono così finanziare a Praglia (nome che pare ricordi i grandi prati dei monaci) una delle più belle biblioteche dell’Italia settentrionale, il cui soffitto ha la caratteristica forma ottagonale che ricorda come sia necessario lavorare incessantemente per 6 giorni, dedicare il settimo al riposo e infine “resuscitare” l’ottavo per ricominciare un nuovo compito.
Stupendo è poi il grande chiostro pensile, che si trova come sospeso al primo piano del complesso abbaziale e costituisce il luogo di meditazione principale per i monaci, esso fu concepito e realizzato dalla grande bottega di scultori/architetti veneziani dei Lombardo fra Quattro e Cinquecento.
Anche la grande chiesa abbaziale, dedicata alla Vergine, è stata progettata dai Lombardo nello stesso periodo ed è stata poi completata da Andrea Moroni, Essa conserva nell’abside una splendida e potente Resurrezione, affresco opera del più grande pittore manierista padovano Domenico Campagnola.
A tutt’oggi la grande abbazia continua a produrre libri miniati (è sede di un importantissimo centro di restauro) e ad offrire ai suoi visitatori prodotti di erboristeria con quanto viene coltivato dai monaci che ancora seguono l’antica regola di san Benedetto.